Serie A
20 MARZO 1983, PERUGIA – LAZIO, ENRICO VELLA “UNO DI NOI”
E' il 90°! Una Lazio deludente sta perdendo 1-0 a Perugia. Sembra non esserci speranza, fra i numerosissimi tifosi laziali accorsi per sostenere la squadra, c'e' delusione: alcuni stanno già lasciando lo stadio Curi quando in un ultimo disperato assalto Enrico Vella pareggia. Un punto insperato salutato con una gioia incontenibile, è un punto importantissimo per una squadra che al terzo anno consecutivo di serie B sta lottando punto a punto per tornare in quella serie A che c'era stata tolta vigliaccamente da una sentenza del potere calcistico a seguito del calcioscommesse del 1980, salvando squadre invischiate al 100% (una è dall'altra parte del Tevere) e condannò la Lazio per colpe marginali. Noi più giovani (oltre trent'anni fa) eravamo presenti a Perugia quel 20 marzo 1983, partenza in treno come si usava in quegli anni, treno strapieno di tifosi giovani che incuranti delle difficoltà della Lazio di quegli anni seguivano con passione la squadra sui campi più infimi della serie B, arrivo a Perugia e corteo festante fino allo stadio dove c'incontrammo con altre migliaia di tifosi arrivati con pullman e macchine, curva ospiti gremita, entusiasmo e sostegno incessanti, ma la squadra è in giornata no, dopo 10 minuti il Perugia segna con un certo Morbiducci, un calciatore che non arriva a 1.70 di altezza e che naturalmente segna di testa, poi tentativi confusi ed inconcludenti fino al 90° quando Enrico Vella ci salva da una brutta sconfitta. Viaggio di ritorno col sollievo di quel punto fondamentale nella corsa promozione. Treno pieno, tutti in piedi lungo i corridoi, alla stazione di Foligno appena il treno riparte qualche vile lancia dei sassi contro di noi, qualche vetro in frantumi nessun danno alle persone, non sarà certo qualche sasso a fermarci ed a fermare la nostra corsa verso la promozione, che anche grazie a quel punto, ormai insperato, arriverà a fine stagione. Enrico Vella è uno degli eroi silenziosi della nostra storia, si perché per noi si può essere eroi da ricordare per sempre anche se non si è stati grandi campioni (o presunti tali come succede oggi intorno a noi), perché Vella non sta nella galleria dei grandi del calcio ma nel ricordo di chi del calcio apprezza gli aspetti più genuini, semplici e veri.
Non era un campione, si affacciò solo marginalmente alla serie A, da noi disputò solo quella stagione 82-83. Si mise subito in luce agli occhi dei tifosi non per la sua tecnica ma per la sua generosità e semplicità. Lo ricordiamo sotto la curva Nord fermarsi 20 minuti dopo il fischio finale per festeggiare con i tifosi una sofferta vittoria contro il Monza o a Pistoia, in un'altra trasferta di massa, dove con un suo goal nei primi minuti, con conseguente corsa verso la curva strapiena di laziali , si riuscì a portar via una vittoria, oppure quel giorno a Tor di Quinto quando fra lo stupore dei presenti, scese dall'autobus con la borsa ed entrò a piedi verso il campo d'allenamento salutando cordialmente tutti i tifosi presenti e all'uscita chiedere se qualcuno poteva dargli un passaggio in macchina. Oggi si sente spesso (a volte a sproposito) che un tal giocatore è "uno di noi", nel caso di Enrico Vella questo si può certamente dire, anche se solo per una stagione è stato davvero "uno di noi" e quel giorno a Perugia è stato tutti noi.
Candido e Giancarlo De Sanctis
LA LAZIO DEL ’74: la banda Maestrelli
La squadra dei nostri padri…la fede immortal!
2015-03-28 LAZIO’74N.2
Si è detto e scritto tutto sulla Lazio del ’74, ma ciò nonostante non ci annoia mai ricordare quella squadra.
La giornata che si è svolta a Mazzano Romano, alla presenza di più di 100 persone, ha visto rendere omaggio ad una rappresentanza di quella che venne definita dalla stampa dell’epoca “banda Maestrelli”. Siamo nel pieno degli anni ’70 e il linguaggio giornalistico sportivo era intriso della dialettica di quegli anni. Non meraviglia quindi l’appellativo di banda riferito ad una squadra di calcio. A dire il vero i giocatori fecero di tutto per meritarlo. Dagli atteggiamenti rissosi in campo alla moda spocchiosa e irriverente della detenzione di armi. E’ un proliferare di atteggiamenti sbagliati che trovano il triste epilogo una fredda sera di gennaio con la morte di Luciano Re Cecconi. “Non scherzo”, sottotitolo virtuale del cortometraggio censurato dell’archivio Rai mai andato in onda, racconta di quell’ omicidio, frutto della fatalità e del clima da anni di piombo, e con esso la fine di una squadra entrata di diritto nell’immaginario collettivo. Una tragedia che trova la sua matrice nel binomio “pistole e palloni” così come definito dal giornalista Guy Chiappaventi. Una squadra vittima della sua stessa essenza e per questo incredibilmente vera.
Il clima al ristorante “Valle del Treja” è conviviale con la presenza di bambini e ragazzi festanti e la loro giovane età sembra stridere fortemente con quella di chi ha vestito i panni dell’eroe ormai quattro lustri fa. Anche chi scrive, nato proprio nel 1974, non li ha visti giocare ma li ha vissuti attraverso i racconti del proprio padre. Ma intorno a quella squadra hanno tutti qualcosa da dire, come il prof. Giulio Napolitano, nostro socio onorario. Racconta della sua lazialità, nata sui banchi di scuola, sull’onda lunga del primo storico scudetto e mai ammainata neanche davanti ai successi sportivi della seconda squadra di Roma. Il suo racconto, vivo e spontaneo, supera il pensiero della martellante filastrocca Pulici, Petrelli, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi, D’Amico, entrata di recente anche nel mondo cinematografico. Una squadra che ha saputo ridestare lo spirito sportivo del tifoso laziale, di condurlo all’esaltazione collettiva nel giorno di Lazio-Foggia il 12 maggio 1974, stesso giorno in cui il popolo italiano veniva chiamato a esprimere il voto sul divorzio. Scopriva l’importanza del primo storico referendum della Repubblica Italiana accogliendo un’affluenza record dell’87,7 %, ancora oggi mai superata. Ciò testimoniava l’interesse degli italiani per i temi etici e più in generale per un coinvolgimento attivo nelle dinamiche della società civile. Questo senso di partecipazione si rifletteva anche nello sport e per i tifosi laziali si tramutava in un rapporto simbiotico e viscerale con la squadra con i colori del cielo. Il bianco e celeste dominano nella sala del ristorante e sulle uova di cioccolata confezionate per la Pasqua ormai imminente. Una riffa improvvisata e goliardica determina i fortunati vincitori e rinsalda lo spirito associativo del nostro club. La giornata è piacevole, tra i tavoli i ricordi si liberano nella mente come il profumo e le bollicine del vino frizzantino servito per il taglio della torta. Un’aquila celeste su un mare bianco di panna, metafora esatta di un volo di libertà lungo più di 100 anni. Un brindisi alla Lazio del ’74 e ai suoi rappresentanti, oggi nostri graditi ospiti.
A proposito, non vi ho detto chi erano (n.d.r. Wilson, Pulici, Oddi) perché semplicemente c’erano tutti. Perché oggi a festeggiare con noi c’era tutta la banda Maestrelli, nessuno escluso, anche coloro che purtroppo già ci hanno lasciato e stanno lassù dove “c’è er Maestro che ce stà a guardà”!
La squadra del primo scudetto, “la squadra dei nostri padri … la fede immortal”!
“banda ’74: pazzi, rissosi, indomabili … laziali”! La chiosa finale che riecheggia nella serata “Di padre in figlio” del 12 maggio 2014.
Omaggio a loro che ci sono venuti a trovare e chissà, forse, torneranno anche un’altra volta!
Matteo Mastrella