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Anti-Cipo Onlus e Lcq insieme a Castel Porziano

Anti-Cipo Onlus e Lcq insieme a Castel Porziano

Il 28 aprile 2018 si è svolto presso il teatro di Castel Porziano, all’interno della tenuta presidenziale, lo spettacolo di beneficenza a favore della “Anti-cipo” Onlus organizzato dal “Lazio Club Quirinale 1900”.

Per la seconda volta, dopo la prima edizione del 2016 a sostegno della “Peter Pan” Onlus, il piccolo teatro di Castel Porziano, affascinante bomboniera all’interno dell’antica residenza di caccia della famiglia Savoia, fa da cornice alla rappresentazione teatrale magnificamente diretta dall’attrice e presentatrice Francesca Ceci. E’ lei a curarne la direzione artistica con una scaletta frutto delle sue esperienze teatrali a fianco di importanti artisti come Brignano, Montesano, Lillo&Greg, e cinematografiche in produzioni italiane ed estere.

La tenuta presidenziale, per l’occasione, veste il suo migliore abito da sera, presentando all’orizzonte, al volgere del tramonto, un evocativo color arancio condito da un inebriante profumo di primavera. La leggera brezza marina trasporta dalla vicina spiaggia le essenze dei caratteristici arbusti delle dune mediterranee. Sono gli stessi sapori e gli stessi odori che ritroviamo nei versi della prima poesia “Mani viola” con cui il poeta Guido De Paolis apre la serata, a cui seguiranno “Fammi resuscitare”, autentica elegia della figura della mamma e “Tu che non sai” dove la più alta delle arti incontra l’amore. L’anima commossa del pubblico che riempie il teatro è pronta a cambiare repentinamente il suo stato per offrire al vulcanico cabarettista Marco Tana, nelle vesti dell’ubriaco, il naturale lasciapassare ad un oceano di fragorose risate. Il suo è un gradito ritorno che riempie la sala di allegria, e poi d’incanto, in un’alternanza di emozioni contrastanti, l’introspettiva “Voce del silenzio” della cantante Daphne Barillaro riporta il pubblico in una dimensione più intima, più vicina alle corde del cuore. Il modo in cui interpreta questa canzone non toglie nulla, per sentimento ed estensione vocale, a quella di Mina che la rese celebre negli anni ’60. Chissà quanti in sala erano già nati in quegli anni, di certo non i tanti bambini che aspettano trepidanti le magie del mago Lupis. L’artista, vincitore nel 2014 del campionato nazionale di categoria e protagonista di esibizioni esilaranti in teatro e in tv e nella fortunatissima trasmissione “Edicola di Fiorello”, ha deliziato la platea con giochi di carte, corde e bacchette riuscendo nella sua magia più difficile: trasformare gli adulti in “bambini già grandi”. Quando Francesca Ceci torna sul palco le luci si fanno soffuse, i corpi illuminanti del retropalco proiettano una tenue sfumatura di azzurro, la stessa tinta del principe che Valentina -  personaggio nato dalla penna del regista Massimiliano Bruno e interpretato dalla stessa Francesca Ceci -  brama e desidera e che, per l’occasione, ha le sembianze del bravissimo attore Sebastiano Colla, già protagonista nella soap tv “Un posto al sole”. I due recitano in maniera simbiotica, declinando il loro amore nelle differenti fasi della loro vita. L’amore nasce da bambini sui banchi di scuola, si trasforma nel platonico sentimento adolescenziale, assume le fattezze del carnale effluvio giovanile e diviene, nella sua fase matura, la prigione di una giovane donna in preda alla violenza del marito. La scelta dei due attori di portare in scena il tema del “femminicidio” appare quanto mai appropriata e stende un velo di riflessione sul pubblico prima dell’interruzione della prima parte dello spettacolo.

Dopo un momento di convivialità consumato nel cortile del castello, la serata riprende con le note di “Un amore così grande” tanto cara alla nostra aquila nel solstizio d’estate del 1987. E’ sempre la voce magistrale di Daphne Barillaro a rendere ancora attuale l’epopea dei grandi tenori. Daphne Barillaro è un’artista di spiccata poliedricità che l’ha portata in carriera a trionfare nel 1997 al SuperKaraoke di Fiorello e duettare con il grande tenore Edoardo Guarnera, protagonista della prima edizione del 2016 a Castel Porziano con la sublime interpretazione del “Nessun dorma”. Neanche il tempo di tributare un lungo e meritato applauso che dalla porta d’ingresso irrompe ancora una volta Marco Tana. I suoi sketch e le sue parodie riflettono trame di vita quotidiana dove il grottesco ed il linguaggio, seppur mai sotto il livello di trivialità, colorano ogni scena strappando sempre una risata. Ciò che colpisce in Marco Tana è la sua capacità di condire momenti di vita reali con l’autoironia in un crescendo costante di risate senza mai risultare scontato e banale. Il pubblico in sala, euforico e partecipe, è ormai pronto a vivere il momento forse più atteso con l’esibizione di Edoardo Vianello accompagnato dal coro “CorEdo”. Esegue le prime canzoni senza l’ausilio dell’accompagnamento musicale e veste il teatro della sua sola voce. Solo grazie all’intervento dei tecnici Gabriele Spaziani, Fabio Santamaria e del Service “DesaTech” i pezzi storici del suo repertorio “Pinne, fucile ed occhiali”, “Guarda come dondolo”, che lo portarono nel 1962 alla ribalta della scena musicale italiana, suonano armonici prima dell’ingresso sul palco della cantante Wilma Goich e del “CorEdo”. L’ensemble di questi artisti -  Ismolli Elfrida, Alfano Isabella, Paulicelli Michele, Perrella Mariano, De Razza Maurizio, Biasini Gioia, Tapparelli Patrizia, Cesaroni Mariella, Pallotta Maurizio, Convertito Vincenzo, Iadeluca Ilaria, Perilli Chiara, Coladarci Alessandro, Bossoli Letizia, Sgrò Francesco – riproduce le note musicali attraverso l’uso strumentale della voce. L’accompagnamento così composto consente l’utilizzo di seconde voci a differenti tonalità che duettano alternativamente con quella principale. Il risultato finale è uno swing corale che riproduce musicalmente i brani storici del maestro Vianello. Non potevano mancare le canzoni evergreen “Abbronzatissima” e “I Watussi” che il pubblico di ogni età, conoscendone ogni parola, le intona in simultanea. In questo momento di esaltazione collettiva anche la presentatrice Francesca Ceci si unisce al coro “CorEdo” di cui organicamente fa parte. La serata vive in un crescendo di emozioni in attesa del momento più alto e che più ci sta a cuore. Deve ancora essere raccontata la storia di una donna straordinaria, Serena Grigioni e della Onlus “Anti-cipo” da lei fondata. Sulle quinte salgono le rappresentanti dell’associazione e la stessa Serena Grigioni che con coraggio e voce ferma riferisce della sua storia personale, contenuta all’interno di un libro da lei scritto “Finchè si è in piedi si va in scena”, dove è la vita il naturale palcoscenico e non più il piccolo palco del teatro di Castel Porziano. Il titolo del libro, in vendita sul sito dell’associazione www.anticipoonlus.com, è la metafora esatta con cui la “Anti-cipo” onlus intende reperire fondi per finanziare la ricerca sulla Neuropatia delle Piccole Fibre Periferiche e Autonomiche, una malattia degenerativa del sistema nervoso periferico le cui cause molto spesso non sono note. La ricerca scientifica e la diagnosi precoce per prevenire in anti-cipo la sintomatologia della malattia sono le due strade che l’associazione intende perseguire, ma che ad oggi purtroppo non hanno dato i frutti sperati. L’associazione prende linfa dalle libere donazioni, dalla “singole gocce d’acqua” nel mare. “Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno”. Il “Lazio Club Quirinale” ha voluto versare la sua goccia, nella speranza che questo mare diventi un oceano.

La serata si chiude sulle note del nostro inno, dove l’aquila e la speranza volano alte nel cielo all’insegna della vittoria e della solidarietà. Come sempre il nostro grazie va a tutta la squadra del “Lazio Club Quirinale” e al nostro essere comunità.

Matteo Mastrella

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LCQ1900 partecipa alla cena di solidarietà della So.Spe.

Ieri sera il Lazio Club Quirinale è stato invitato a partecipare alla cena benefica nel Villaggio So.Spe. di Suor Paola; tra i tanti commensali erano presenti anche ospiti speciali come Maurizio Manzini, storico team manager biancoceleste (in una famiglia di sfegatati giallorossi!!), tre dei nostri Campioni, Ciro Immobile, Stefan De Vrij ed il giovanissimo Pedro Neto, che si sono prestati a servire la tavola, simpaticamente. Ma un’altra sorpresa aveva in serbo la serata: l’arrivo del mitico cronista Guido De Angelis, che ha aperto un’asta con le maglie ufficiali, il cui ricavato sarebbe andato interamente in beneficienza alla So.Spe; la socia Paola Cologgi ha contribuito con 310€, aggiudicandosi la maglia con le firme dei 3 beniamini e permettendoci di lasciare la nostra firma sul muro dei benefattori. L’evento, interamente ripreso da La Lazio Siamo Noi, ha entusiasmato gli animi di tutti i presenti che hanno dato prova di grande generosità e solidarietà, dimostrando che i laziali sono davvero bella gente.

Arianna Tirico

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IL DOTT. FLAVIO SALVADORI NUOVO PRESIDENTE ONORARIO DEL LCQ

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Ieri 20 novembre 2017, presso il Circolo Ufficiali dell’Esercito in zona Castro Pretorio, si è riunito il Consiglio Direttivo del Lazio Club Quirinale 1900.

A margine del sopralluogo della location, presso la quale si intende inoltrare invito ufficiale alla S.S. Lazio per il rituale evento conviviale da tenersi nel primo scorcio del nuovo anno, si è svolta la cerimonia per la nomina a Presidente Onorario del Lazio Club Quirinale 1900 del dott. Flavio Salvadori, già Vice Segretario Generale della Presidenza della Repubblica.

Il dott. Salvadori, visibilmente emozionato e grato del pensiero che tutto il Consiglio Direttivo gli ha rivolto attraverso l’investitura ufficiale a massimo organo di rappresentanza del Lazio Club Quirinale, carica peraltro mai prima d’ora ricoperta, ha rivolto a tutti i soci i più fervidi ringraziamenti.

Siamo certi che il dottor Salvadori sia la figura più idonea a ricoprire tale ruolo e che possa mettere al servizio del nostro club l’esperienza e le capacità che lo hanno contraddistinto nel ben più gravoso compito di guida della complessa macchina amministrativa della Presidenza della Repubblica.

Un altro tassello, necessario a strutturare il nostro club con un organigramma di prestigio, per essere sempre all’altezza delle sfide e delle nuove iniziative che porremo in essere.

Con sincera lazialità

il Consiglio Direttivo

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RICOMINCIAMO!!!

IL DOPO-DERBY

 

“… e lasciami gridaareee!”, rocheggiava tanti anni fa Adriano PAPPALARDO nell’incipit della canzone “Ricominciamo”.

E questo io grido stasera dalla tastiera del mio notebook: “Ricominciamo!”. Smaltiamo nel minor tempo possibile la delusione per questa sconfitta, che brucia tanto più perché è seguita al reboante 3-1 che infliggemmo alla Tragica nell’ultimo derby di campionato. Sinceramente, speravamo che la Nostra Magica si ripetesse a stretto giro di posta, e forgiasse il primo anello di una catena di vittorie stracittadine come – purtroppo – riuscirono a fare i cugini, riemergendo dalla fossa oceanica della Finale di Coppa Italia persa il 26 maggio 2013.

Invece, la Roma si è rimessa subito in sella, e stasera inneggia al suo mister Di Francesco come novello Luis Garcia (accento sulla “a” finale, mi raccomando), quello di “Abbiamo rimesso la chiesa al centro del villaggio!”. E, scusate il francesismo –        del tutto in tema, poiché ho nominato un allenatore francese – ma a me, per aver perso il derby di stasera, rode tremendamente il si è ben capito che cosa!

Io ho seguito la partita alla radio, e posso giudicare parzialmente rispetto ai confratelli aquilotti che sono stati allo stadio o hanno assistito davanti alla TV; ma credo che la radiocronaca mi abbia fornito ugualmente validi elementi di giudizio sull’odierno derby.

Cominciamo dall’operato dei direttori di gara (e delle VAR). L’arbitro Gianluca ROCCHI di Firenze – a proposito, domenica c’è pure LAZIO-FIORENTINA! – ci ha messo del suo, non concedendoci subito l’evidente rigore per fallo di mano, e sanzionando tempestivamente i nostri giocatori per i falli da loro commessi senza d’altronde comportarsi altrettanto severamente con i giocatori giallorossi, ma ritengo che non sia stato determinante nell’esito dell’incontro.

La vera differenza l’ha apportata il diverso approccio alla partita delle due squadre. Stavolta, a differenza dell’andata di Coppa Italia e del ritorno di campionato disputati nella scorsa stagione, i romanisti sono stati agonisticamente più presenti di noi, e per lungo tempo sono stati anche più concentrati, tranne (clamorosa eccezione!) nell’occasione del fallo da rigore di Manolas, senza il quale molto probabilmente non saremmo rientrati in partita. Dalla metà del primo tempo, la Roma ha pigiato l’acceleratore, ci ha messi in difficoltà e ha conseguito meritatamente il vantaggio. Quando ha acciuffato il raddoppio con un tiraccio del Ninja Nainggolan (peraltro non nuovo a questi exploit!) ho seriamente temuto che ci avrebbero inferto una goleada!

Qui si è certificato il valore di Simone INZAGHI, che ha indovinato i cambi surrogando Leiva e Lulic (entrambi sottotono) con Lukaku e Nani, i quali hanno riassestato e tonificato la Lazio, restituendole campo. Ma, ribadisco, molto probabilmente senza il fallo di Mano-las e il susseguente rigore trasformato da Ciro Immobile – sempre più capocannoniere! – noi non saremmo rientrati in partita. E, purtroppo, il forcing finale non è bastato!

La Lazio ha giocato da Lazio nei dieci minuti iniziali e nel quarto d’ora finale. Sarebbe stato troppo poco contro qualsiasi altra squadra, figurarsi contro la Tragica, che ha una rosa giocatori più cospicua della nostra. Soprattutto nel reparto offensivo. La Roma dispone di tre attaccanti – Lucertolone Dzeko, Defrel e Schick – e di due mezzepunte che vedono bene la porta – Perotti, soprattutto! ed El Shaarawy – mentre la Lazio, di fatto, ha solo Ciro Immobile, che oggi non stava per niente bene, pur non lesinando impegno e segnando il quindicesimo gol in campionato (oltre al gol, purtroppo giustamente, annullato).

E quando Ciro manca, o non sta bene come è successo oggi, stentiamo tremendamente là davanti. Caicedo deve formarsi, e quell’accidente di Felipe Anderson è sparito dai radar. Nani deve ancora carburare, ma mi sembra più uomo di manovra che di punta. Non sarebbe valsa la pena di spendere qualche soldo per Falcinelli, che non è un campione ed è totalmente privo di esperienza internazionale, ma è un bravo attaccante italiano e avrebbe fatto benissimo da spalla a Immobile?

Luis Alberto ha giocato male, ma ci può stare. La prestazione negativa non incide assolutamente sulla valutazione del suo scorcio di stagione. Lo spagnolo ha piacevolmente sorpreso tutti noi. Mi permetto un piccolo consiglio a Simone Inzaghi: lo addestri maggiormente sui tiri dalla distanza. Quanto ci mancano le bombe di Sinisa!

La difesa poggia quasi esclusivamente su Strakosha (ottimo riflesso sul Lucertolone nel primo tempo) e su De Vrij. Radu comincia a sentire il peso degli anni; Basta, anche lui non proprio ragazzino, si infortuna spesso; Bastos è incappato in una giornata negativa; Edgar Wallace forse non vale gli otto milioni che lo abbiamo pagato. Meno male che l’irruenza e la poca prevedibilità di Lukaku sopperiscono sempre più alle manchevolezze di Senad Lulic, altro ultratrentenne. Il montenegrino Marusic è ottimo contraltare del belga sulla fascia opposta del campo, ma è consigliabile addestrare maggiormente entrambi anche alla fase difensiva.

Passiamo al centrocampo. E’ stata una giornataccia per Lucas Leiva, ma si può accettare. Ricordiamoci sempre che lui non è un facitore di gioco. L’organizzazione e anche l’uso della fantasia competono maggiormente a Milinkovic-Savic (oggi insufficiente, ma deve acquisire continuità). Parolo è il tuttofare, ma nemmeno lui è un organizzatore, e cominciano a scarseggiare le sue conclusioni da lontano. Si insista da subito su Murgia, si valuti l’inserimento di un altro giovane, e si pensi a cospicui rinforzi per questo reparto, se si vuole far crescere la Lazio.

E la Lazio deve crescere ancora. Molto. E bene. Anche oggi lo si è visto.

Ma tutte queste riflessioni le ho messe su carta solo perché avevo bisogno di smaltire la delusione del derby perso. Finora, stiamo comportandoci bene!

Solo, non perdiamo di vista i nostri limiti, che sono ancora tanti.

E già da giovedì, quantunque abbiamo vinto il nostro girone di Europa League, RICOMINCIAMO!

E domenica, contro la Fiorentina, RICOMINCIAMO!

 

FORZA LAZIO!

 

18 NOVEMBRE 2017.

 

MARCO BINDI

LA FINE DI UN INCUBO

13 Agosto 2017   Juventus-Lazio: 2-3; “Emozioni da Supercoppa”
Stasera si gioca, siamo tutti nervosi.
Dobbiamo far passare la giornata, altrimenti non arriva piú sera.
Si ma tanto è inutile essere ansiosi, si sa giá chi vince, contro una corazzata cosí puoi solo limitare i danni. Negli ultimi incontri abbiamo sempre perso e non abbiamo segnato neppure un goal. Dai dai, non si sa mai, il Mone è bravo, un pò di fiducia bisogna concedergliela. Si, può essere anche bravo, ma non abbiamo neanche un’ala, alla difesa manca un pilastro ed il centrocampo è orfano del nostro ex capitano. Sei il solito pessimista, abbiamo fatto un ottimo precampionato, lo devi ammettere. Ho capito, ma una cosa sono le amichevoli ed un’altra le finali e poi affrontiamo la vincitrice dello scudetto, coppa italia e finalista di Champions. Vabbè, allora ti diró  almeno “in bocca al lupo”.
Seee, spero mi sputi fuori, almeno.
Partiti.
Traversone, spaccata di Quadrado solo davanti al portiere, miracolo di Strakosha.
Cosa ti avevo detto, cosa ti avevo dettooooo, è questione di minuti, siamo troppo inferiori. Altri due tiri dal limite della Juve, parati. Mamma miaaa che tiro al bersagliooooo. Passano 5 minuti, poi 10, poi 15. Ma, sai, sai che da qualche minuto sembra, dico mi sembra, magari è un’impressione èh, che stiamo giochicchiando un po di più!! Altri 5 minuti. No, no, stiamo giocando noi adesso cavolo, non vedi; occhio, occhioooo, Cirooooo, vai vaiiiiiiii ….rigoreeeee, è rigoreeeee!
Goooolll.
Siamo in vantaggio.
Cross di Parolo, testa di Ciro, nooooooooooo, due a zeroooo.
Non ci credo, ai primi minuti del secodo tempo con due gol di vantaggio sui fenomeni.
Secondo tempo come la fine del primo, caspita il campo è nostro, dominiamo.
Bon, vinciamo sicuro adesso, chi ci prende piú. Mmmm,  però qualcuno mi sembra un pò stanchino, non credi? Dai non fare il solito pessimistaaaa. Si qualcuno ha rallentato un pò i ritmi, ma ormai è fatta. Tic tac, pim pum pam…..Dybala ci rifila due gol.
È finita, è finita, se andiamo ai supplementari ci ammazzano, hanno messo dentro due campioni e stanno andando a mille, noi siamo scoppiati. Sul doppio vantaggio a nulla sembrano serviti i cambi per la Lazio. Ho capito, cambio, ma uno è giovane e l’altro ha 10 minuti nelle gambe, questione di poco e capitoliamo. Parte al galoppo un magnifico stallone sulla sinistra, criniera al vento, resiste ad un contrasto, entra in area, da un’occhiata in mezzo e appoggia indietro verso il limite, arriva un giovane baciato dalla luna, piattone destro.….Siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Cosa ti avevo detto, Mone è un fenomeno, il migliore che c’è, li ha imbrigliati, gli ha messo la gabbia a questo e a quello, ha ricreato il centrocampo, li ha motivati, rivitalizzati, ha trovato le contromosse e non hanno capito piú niente.
E’ il 13 agosto 2017 e la Lazio ha appena vinto la Supercoppa italiana.
Mario Michelini
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PREMIO LAZIO CLUB QUIRINALE EDIZIONE 2017: GIULIANO FIORINI

EVENTO DI SABATO 6 MAGGIO 2017

ANTIPASTO

“Scusate, ma io del derby… ancora vi voglio parlare… quando la Roma fu travolta dalle onde… del biancoceleste mare!”. Era tempo! Avevamo la sgradevole sensazione, durante gli incontri formali e no, ma soprattutto nello svolgimento degli “Eventi”, che qualcosa disturbasse il fluire degli accadimenti; che lo spirito di iniziativa dei Soci più intraprendenti – sebbene si realizzasse in splendidi momenti di condivisione solidale e rafforzamento della nostra lazialità – ci avesse ugualmente lasciati indietro di un passo importante.

Il 26 maggio 2013, sommità della storia sportiva della Lazio, si era allontanato; poco era importato a noi laziali che, nel frattempo, la squadra avesse disputato un’altra Finale di Coppa Italia e – stavolta a Shangai anziché a Pechino – un’altra Supercoppa Italiana, mentre i cugini erano rimasti a bocca asciutta. Contro di noi, però, il bilancio dei giallorossi si stava pesantemente arricchendo (cinque vittorie e due pareggi). Davvero un brutto rospo in gola!

Ma le nostre due belle vittorie del 1° marzo e del 30 aprile (intervallate dall’ininfluente sconfitta del 4 aprile) ci hanno finalmente ridato il sorriso! Il vento ha spazzato via quelle grevi nuvole giallorosse!

E’ tornato il sapore, il profumo di Lazio ci inebria quando ci riuniamo, negli incontri, negli Eventi, allo stadio!

SABATO 6 MAGGIO

L’Evento odierno si è celebrato nella location romana “Scuderie San Carlo”. Non è stato il pranzo di arrivederci alla prossima stagione, dal momento che dobbiamo giocare due Finali, e sognare non è vietato. Hanno partecipato all’evento i Soci del Lazio Club di Milano (presieduto dal romano Claudio SCIPIONI) e, soprattutto, la madre e le figliole dell’indimenticato Giuliano FIORINI.

Il Lazio Club di Milano – invitato grazie all’intraprendenza del Consigliere Mario MICHELINI – fu fondato negli Anni 60 da Alberto COSTA, allora giovane studente, oggi giornalista del Corriere della Sera. “Sempre in trasferta”, recita il detto sotto l’intestazione del Club, nel cui sito è riportato che i Soci sono molto innamorati della Lazio, nonostante la lontananza geografica e, per molti di loro anche anagrafica, da Roma.

La partecipazione del Lazio Club Milano è stata anche per questo una piacevole sorpresa: è già difficile professare la propria fede calcistica in un ambiente distante da quello della squadra del cuore; figurarsi cosa significa tifare per una squadra che poche volte, rispetto ad altre squadre, è ascesa alle vette del panorama calcistico italiano. Se questo non è amore, quale altra parola potrebbe definirlo?

Giuliano FIORINI. Una lunga malattia lo ha privato all’affetto dei suoi cari a soli quarantasette anni, nel 2005. Ma quante battaglie ha dovuto combattere, e quante ne ha vinte, a prezzo di inani sacrifici!

LAZIO-VICENZA. Era il 21 giugno del 1987, primo giorno d’estate, ma nei cuori laziali turbinava l’inverno. Se non avessimo vinto quella partita, saremmo precipitati nel baratro della Serie C1! Nello Stadio Olimpico non ci sarebbe stato posto nemmeno per un moscerino!

Cominciammo all’attacco, ma il pallone non voleva entrare. Contribuì parecchio all’acre nostra sofferenza il giovane portiere vicentino DAL BIANCO, che parò pure l’anima de… I biancorossi subirono anche l’espulsione di MONTANI, ma non cedettero… Finché, a otto minuti dalla sciagura, furono la lesta torsione e il subitaneo destro di Giuliano a scaraventare in rete un pallone divenuto plumbeo. L’urlo della nostra gente lacerò il muro del suono!

Giuliano FIORINI fu la nostra scialuppa di salvataggio, il martello pneumatico che sgretolò l’ultimo muro (di cemento) fra la speranza e la rovina, lasciatoci in eredità dalla partenza ad handicap (MENO NOVE!).

Il salone delle “Scuderie San Carlo”, inoltre, era stato “apparecchiato” con i gagliardetti che ricordavano le vittorie di Coppa Italia contro Milan, Inter e – soprattutto! – Roma, e con maglie storiche indossate da calciatori che in un recente passato militarono nella Lazio. La ricerca, e la conservazione di queste maglie sono il risultato del paziente lavoro di Agostino – titolare del sito “Maglie Lazio.it” (IL MUSEO) lavoro che lo stesso Agostino ha spiegato agli intervenuti allorché è stato presentato dal Vice Presidente del Club, Gianluca POGGI.

Sopraggiunti tutti gli invitati, il Presidente del Club Raffaele BRACCI e il Vice Presidente del Club Gianluca POGGI – scambiandosi perfettamente ruoli e tempi di intervento nella presentazione, come se fossero stati KEITA e IMMOBILE sul prato dell’Olimpico – hanno aperto l’Evento, illustrando le finalità del nostro Club e i punti centrali dell’evento stesso. E’ intervenuto il Dottor Flavio SALVADORI – Vice Segretario Generale Amministrativo S.G.P.R. – che ha sottolineato come il Club non sia solo espressione di aggregazione sportiva, ma anche espressione di lodevoli iniziative di solidarietà, una delle quali tra l’altro – come vedremo – era collegata alla Lotteria.

Sono stati invitati a parlare i rappresentanti del Lazio Club Milano. Il Socio Sergio BERNARDINI, illustrando le attività del Club stesso, ha anche raccontato, tra l’altro, di aver presieduto un Club nella capitale dello stato africano della Liberia! Retoricamente, si avrebbe l’istinto di esclamare: ”Lazio senza frontiere!”, anche considerando la presenza di Lazio Club a New York e a Bruxelles. Ma siamo perfettamente in linea con gli intendimenti dei Padri Fondatori della Lazio, che scelsero per i nostri colori la bandiera della Grecia, nazione archetipo dello sport che affratella i popoli. Subito dopo l’intervento di Sergio BERNARDINI, il Lazio Club Milano è stato premiato.

Il secondo premiato è stato Marco BINDI, Tesoriere del Lazio Club Quirinale 1900, per “l’affetto e la generosità sempre dimostrati”, recita la “motivazione” incisa sulla Targa. Un po’ in rima e un po’ in prosa, Marco ha affermato che i veri meriti sono del nostro Club, sempre tempestivamente sensibile ai disagi dei meno fortunati; successivamente, ha rivolto un saluto al Lazio Club Milano che, “come da Laziale tradizione, ha gemellato il Duomo col Cupolone”, e ha declamato un ricordo per Giuliano FIORINI, “piccolo grande uomo, perché c’è poco da scrìve, è anche grazie a lui se oggi la Lazio vive”.

Quando la madre e le figliole di Giuliano FIORINI sono state chiamate alla premiazione, il sentimento commotivo che già permeava l’Evento ha raggiunto il culmine. Non solo le tre donne, ma molti di noi non sempre sono riusciti a trattenere le lacrime.

Le sue care, e non solo per le somiglianze fisiche, hanno ritratto Giuliano nella sua semplicità e nella sua generosità. Soltanto lui, però, poteva rappresentare le sue intemperanze (era un accanito fumatore…) e, forse, qualche piccolo atto di indisciplina, soprattutto verso i tecnici, ma mai aveva inveito contro nessun compagno di squadra.

Giuliano FIORINI è della Lazio, e la Lazio è di Giuliano FIORINI!

La torta che ha chiuso il pranzo è una vivida testimonianza di questa reciproca appartenenza. “Eternamente grati”, recita il popolo biancoceleste attorno al Piccolo Grande Uomo.

Concluso il pranzo, il Presidente e il Vice Presidente del Club hanno chiamato i due Rappresentanti dell’Associazione “Il Caprifoglionlus”, con i quali il Club ha collaborato al sostegno del “Progetto Miriam”, destinatario di parte dei proventi della Lotteria. I Rappresentanti dell’Associazione, dopo aver rivolto un ringraziamento particolare al nostro Socio Cesare CAMILLI – che ha stabilito i contatti fra Associazione stessa e Lazio Club – hanno informato che nella prossima settimana si recheranno in Africa a sovrintendere la messa in opera di un intervento di solidarietà.

L’evento ha avuto termine con l’estrazione dei biglietti della Lotteria, cui hanno proceduto i Soci Socrate LENZA, Eleonora POGGI e Matteo MASTRELLA (da poco diventato babbo della piccola Sveva). L’elenco dei biglietti quelli vincenti sarà presto consultabile sul Sito del nostro Club.

Da rammentare, inoltre, la consueta gestione tecnica degli apparati audio-video – in particolare i microfoni per le interviste, e l’impianto per l’esecuzione dei brani musicali riferenti alla Lazio – eseguita solertemente dal Socio Gabriele Spaziani, coadiuvato nell’occasione dal Socio e collega Sandro DELL’ERBA.

E, con sentimento di gioia frammisto alla commozione, che ha pervaso tutti noi partecipanti all’Evento, chiudo il mio semplice scritto con il nostro consueto saluto:

 

F O R Z A  L A Z I O!

 

Marco Bindi

GIULIANO FIORINI, ANCHE TU NEL PARADISO DEGLI EROI

E’ il 21 giugno 1987, il primo giorno d’estate, quando un’anziana Signora di 87 anni si sporge in modo innaturale dal pontile che separa la terra ferma dalle onde di risacca del mare. E’ da una settimana che vive sull’orlo del precipizio, quando Pisa ha piegato le sue resistenze. Dal giro più alto della torre ha visto per tre volte la morte in faccia. Ha cercato salvezza nell’antica “Città Marinara” ma ha visto cosparse di sale irritante le sue ferite ancora sanguinanti. Un’agonia che si trascina ormai da un anno quando la Corte di Giustizia Federale la condannò con nove colpi mortali. Nove coltelli piantati nella schiena, tolti uno ad uno solo dopo otto interventi.

Le onde si rifrangono sugli scogli e su quella costruzione posticcia da dove l’anziana Signora fissa il mare. La schiuma bianca delle onde monta e poi scompare nella battigia dove rimangono le conchiglie, i ciottoli di forma arrotondata e una folla impressionante accorsa al suo capezzale. Inerme trattiene il respiro e segue con lo sguardo ogni piccolo suo gesto sperando che non sia fatale. Assiepa il tratto di arenile circostante tentando di darle quel sostegno salvifico che, a dire il vero, non è mai mancato durante tutto l’anno. Ogni maledetta domenica persone di tutte le età le hanno tributato una visita con lo stesso amore della prima volta a Gubbio quando fu ricoverata all’indomani della sentenza di condanna del tribunale. Ora nella sua testa, come un mantra, riecheggiano le parole del dottor Eugenio che durante la compilazione della base di ricovero, con fare risoluto, le domandò se aveva la forza per rimanere nell’arduo percorso di resurrezione, intimandole, in caso contrario, di andar via per sempre. Quelle poche parole sono state la panacea che l’ha tenuta in vita e che ora, seppur in un equilibrio precario, la tengono ancora sospesa sul pontile. A quasi un anno di distanza rappresentano la via d’uscita da quel malessere fisico e mentale che ne ha fiaccato le speranze di salvezza.

Poco distante da quel tratto di spiaggia dove si sta consumando un dramma umano il cui epilogo per fortuna deve ancora essere scritto, è un brulicare continuo di automobili che percorrono le consolari che portano al mare. A Roma fa caldo già da diverse settimane ma oggi, con l’ingresso ufficiale della stagione estiva, sembra esserlo ancora di più. La gente cerca così refrigerio sul litorale romano fuggendo dall’asfissiante afa della città. I ragazzi in un vociare continuo fanno i bagni a mare mentre i bambini giocano erigendo castelli di sabbia, esposti e precari come l’anziana donna sul pontile.

Intanto in lontananza appare un veliero che, solo in mare aperto, domina le onde increspate da un vento di grecale e dalle forze oscure di un dio Nettuno con le sembianze di Dal Bianco, estremo baluardo vicentino prestato agli abissi marini. La vela bianca del vascello si fonde con il celeste del cielo illuminata dal sole alto del solstizio d’estate. Il suo movimento sinuoso sembra generato dal vibrare di un tamburo battente e da “un amore così grande” di una lirica che si libera nell’aria. Come d’incanto la folla trepidante sulla battigia bisbiglia all’unisono quelle stesse note d’amore che trovano il pertugio giusto tra le labbra serrate dalla paura. Il veliero, cullato dal corale dolce sentire, cambia ora direzione e si dirige verso il pontile. A poco a poco, i muscoli facciali della gente in attesa si distendono e quella musica appena sussurrata si trasforma nel più ammaliante canto delle sirene. Il vascello ora naviga spedito guidato dalle sue 70.000 muse. Corre veloce verso l’anziana donna il cui destino sembra legato indissolubilmente a quello della folla trepidante. Un’empatia fondata su un sentimento profondo che tocca le corde del cuore. Anche il vento ha cambiato direzione e soffia ora da ponente. Accarezza la faccia dell’anziana Signora e le scalza i capelli lunghi che le coprivano il volto. Per la prima volta appare in tutta la sua disarmante bellezza, un fascino etereo che resiste all’incedere del tempo. Le labbra si inarcano leggermente in un concentrato di fatalismo e dignità e offrono un sorriso appena accennato a chi ormai empaticamente è divenuta la sua gente. Nel seguente gioco di sguardi c’è il sigillo dell’amore protettivo di Venere per il suo Adone. Alza lo sguardo verso il cielo e fissa, come l’aquila cara a Giove, il sole ancora alto senza esserne accecata. Allarga di colpo le braccia e il vento disegna sulle sue vesti biancocelesti l’impronta della vela del vascello in avvicinamento. E’ l’incastro perfetto, è il volere delle stelle. Il destino di salvezza sembra ormai scritto!!

La distanza che la separa dal veliero è ormai ridotta e basterebbe un ultimo sforzo della ciurma a bordo per portarla in salvo. Dalla riva la folla urla a gran voce i loro nomi, ora così distintamente riconoscibili. Al timone c’è Mimmo da Eboli che infonde negli altri la saggezza e lo spirito di quel Cristo che si è fermato troppo a lungo su altri lidi, dimenticando quello più caro ad Enea e a chi, come Ernesto, Mario e Massimo, romani di nascita, lo conosce fin da bambino. Antonio Elia detto “King Kong” che con muscoli e polmoni d’acciaio tiene la barra dritta dell’imbarcazione senza disperdere fiato in inutili e fuorvianti discorsi. Gli basta un cenno d’intesa per sincronizzare la pala del suo remo con quella degli altri vogatori Vincenzo, Gabriele, Giorgio e Giancarlo. A Raimondo da Messina e Angelo Adamo da San Giorgio Ionico spetta il compito di dissuadere ogni maga avventrice e difendere il veliero dagli attacchi nemici con l’aiuto degli altri mozzi di bordo Giuliano, Luca e Daniele. Paolo e Fabio rappresentano i primi avamposti e dalla prua indicano la rotta da seguire.

La distanza si è ridotta ulteriormente così come l’arco del sole disegnato nel cielo, pronto ad essere sotteso da un tramonto ormai prossimo. Nel volgere di poco tempo quella palla rossa sarà inghiottita dal mare e scomparirà forse per sempre all’orizzonte. Non c’è più tempo da perdere, l’anziana Signora è sul punto di capitolare e con lei all’unisono le 70.000 anime dannate sull’arenile.  La ciurma si affanna negli ultimi spasmodici tentativi, ma la stanchezza e la lucidità, venute meno dopo così tanta fatica, prendono il sopravvento. La realtà si dissolve e degrada in un’alterazione della percezione sensoriale, dove forze arcane respingono ogni tentativo di attracco e, in un’allucinazione collettiva, fanno apparire le acque del mare tinte di biancorosso. Lo spirito di Dal Bianco aleggia ovunque e argina ogni velleità del veliero che tenta di salpare. Tra otto minuti il sole tramonterà e con esso la speranza di salvare la vita all’anziana donna. Manca ormai pochissimo quando Vincenzo passa la corda a Gabriele da Brescia che dal lato destro tenta un lancio della corda verso il pontile in modo sbilenco, forse un tiro della disperazione che come i precedenti va a vuoto. Ma proprio in quel momento un lampo improvviso segna il profetico vaticinio delle stelle, scegliendo Giuliano, così caro agli dei, per compiere il volere del cielo. La corda lanciata da Gabriele sembra persa inesorabilmente, sta per cadere in acqua quando Giuliano, voltato di spalle, la afferra in modo rocambolesco. Giuliano come tutti i suoi compagni è allo stremo delle forze, deve far affidamento al suo immenso cuore e al suo istinto. Si volta d’improvviso facendo scorrere la corda davanti a sé quando il dondolio del vascello aumenta d’intensità. Sta per cadere e vede la corda allontanarsi di quel tanto da sembrare inafferrabile. Ma Giuliano non è tipo da arrendersi facilmente, è un combattente per natura e chiede al suo cuore un ultimo sforzo. Fa un movimento in avanti, una spaccata e aggancia la corda al pontile nell’unico spiraglio che Dal Bianco può concedere. La folla sulla battigia guarda esterrefatta, trattiene il respiro e deglutisce nell’istante successivo. Giuliano protende le braccia in avanti quasi a toccare l’anziana Signora che aspetta solo che il destino sia compiuto. Guarda fiera uno dei suoi figli, forse uno dei prediletti, rappresentare al meglio l’amore viscerale che lega una madre alla sua discendenza naturale. In fondo è solo quello che vuole, avere la certezza che lo stesso sentimento provato per lei nutra l’amore che un padre tramanda al proprio figlio nella continuità della sua grande famiglia. Giuliano è ormai al suo cospetto e guardandola negli occhi rimane abbagliato dalla luce abbacinante che emana. L’anziana Signora è ormai virtualmente salva e con lei tutte quelle persone che hanno vissuto lo stesso dramma. Giuliano fa un cenno d’intesa e si abbandona in un tentativo di abbraccio certo di riceverlo in cambio. Ma tutto diventa effimero quando si accorge che l’anziana Signora è impalpabile, eterea. E’ volata via come un’aquila tra le stelle e forse non è mai stata sul pontile. E’ più di una semplice rappresentazione umana, è un’idea che esiste a prescindere, è la S.S. Lazio 1900…la prima squadra della capitale…

Matteo Mastrella

EVENTO DI SABATO 6 MAGGIO 2017 – SIAMO PRONTI!

EVENTO DI SABATO 6 MAGGIO 2017 – SIAMO PRONTI!

LA STORIA SI RIPETE!

Otto giorni prima dell’evento celebrato il 9 marzo u.s. presso “La Casa dell’Aviatore”, la nostra Lazio aveva inferto alla Roma la pesantissima sconfitta in semifinale di andata di Coppa Italia. Oggi, a sei giorni di distanza dall’evento di sabato 6 (“Scuderie San Carlo”), abbiamo ridato la paga ai cugini. Si potrebbe pensare di aver trovato la formula magica per vincere il Derby: organizzare un Evento entro i dieci giorni successivi alla partita!

La vittoria è stata prestigiosa, altroché! La “settimana di attesa” era trascorsa (troppo?) tranquillamente, sia considerando l’orario di inizio della partita – dodici e trenta – sia per i diversi stati d’animo dei tifosi: noi avevamo fiducia nella nostra Lazio, ma ci aspettavamo una Roma ben diversa, più “cattiva”; forse, siamo stati più “ottimisti” dei romanisti…

In realtà, la partita aveva la sua importanza!

Per noi che – pur estromettendo i cugini dalla Coppa Italia -dovevamo assolutamente riequilibrare i risultati di Campionato, “azzerando” la sconfitta sofferta all’andata; così si comportano le squadre che sono o che vogliono diventare grandi. Inoltre, nella corsa all’Europa League, avremmo distanziato l’Atalanta, che aveva pareggiato in casa contro la Juventus.

Per la Roma che, vincendo, oltre a puntellare una supposta supremazia cittadina stagionale, si sarebbe notevolmente avvicinata alla stessa Juventus, e magari avrebbe ancora potuto dire la sua nella lotta per lo scudetto.

Sta di fatto che – estremo atto di scaramanzia – io ho acceso la radiolina solo dopo aver ricevuto il Whats app dall’amico e consocio Gianni Blandini che mi informava del gol di Keita. “Mamma mia!” ho pensato, “e che succede?”. Ovviamente, avrei voluto che l’arbitro fischiasse la fine di lì a poco. Troppe volte la Roma, quest’anno, sembrava spacciata, e invece s’era sempre ripresa. In più, avendo appreso l’assenza di Cirogòl Immobile, e – sinceramente! – non nutrendo soverchia fiducia nella nostra difesa, pensavo che, se la Tragica avesse ribaltato il risultato, non ce l’avremmo più fatta a riprenderla.

Ascoltando la cronaca della partita, invece, pur ansiando come sempre avviene quando giocano gli Aquilotti, apprendevo che il portiere giallorosso Szczęsny  – mica so scriverlo questo nome, l’ho copiato e incollato da Internet! – aveva salvato i suoi Lupacchiotti con due parate fenomenali (su Parolo e Keita, mi sembra). Avevo perso il racconto della mancata concessione del rigore per fallo su Lukaku (che, forse, avrebbe anche portato all’espulsione di Fazio); ma, nel complesso, stava andando assai bene per noi. Un piccolo tremito l’ho provato quando il radiocronista ha riferito di una trattenuta operata nella nostra area da Bastos ai danni del Lucertolone (Dzeko) che forse avrebbe potuto essere sanzionata…Vabbè, chi se ne interessa! A loro, quest’anno, hanno dato più rigori che palloni (e non è ancora finita!)

Ma, proprio sullo sfiorire del primo tempo, eccolo là, il tanto temuto “rigore per la Roma!”, fischiato dal Signor Orsato di Schi(f)o. E, sul pallone, ecco andare “Capitan Futuro” De Rossi, che tira una mozzarella, purtroppo sufficiente a insaccare il pallone alla destra del nostro Strakosha (e sembrerebbe che lo stesso D.D.R. abbia poi preso in giro la panchina della Lazio, dopo la trasformazione. Se è davvero accaduto, è stato un preclaro esempio di sportività).

Si va al riposo. La paura di perdere, certo, c’è: sulla carta, loro sono più forti. Se alzano i ritmi, e magari aggiustano la formazione… Poi sta giocando benissimo Salah Perché Ti Amo… Però… però…

Vi elenco i fatti finora accaduti nel Derby, solo per puntualizzare, e non già per “lacrimare”, come ben altri sono abituati:

  • Immobile “s’infortuna” prima di scendere in campo, e resta fuori. Di fatto, giochiamo senza attaccanti;
  • ci hanno negato un rigore (e la probabile espulsione di un avversario – Fazio, n.d.m.) sull’1-0;
  • Lukaku, fino a quel momento fra i migliori, deve uscire per infortunio (sinceramente, al posto di Inzaghi, non lo avrei sostituito con Felipe Anderson…);
  • Hanno concesso un rigore inesistente alla Roma, che lo ha trasformato, e ha così raggiunto il pareggio.

“Dopo ‘sti fatti”, per la Tragica, vincere il Derby dovrebbe essere poco meno che una formalità… Ma, troppe circostanze favorevoli per una sola squadra! Non sappiamo mica se le basteranno per fare risultato (e infatti..!).

Si ricomincia. Bruno Peres piglia il posto, nella Roma, di El Shaarawy. E, dopo tre minuti, mannaggia la difesa! la Roma ha la Grande Occasione; ma il Lucertolone Dzeko (capocannoniere del campionato!) compie il trentottesimo errore stagionale sotto porta (nella circostanza, è anche molto bravo il nostro Strakosha, che devia in angolo).

Giocatori e tifosi giallorossi non hanno nemmeno il tempo di imbufalirsi per l’ennesimo errore del bosniaco che, in fondo a un mortifero contropiede, Dušan Basta ci riporta in vantaggio (con un po’ di fortuna, essendo il pallone sbattuto sulla schiena di Fazio prima di entrare in porta).

Guardate un po’, che scherzi gioca la sorte. Fazio, scampando rigore contro ed espulsione, resta in campo e involontariamente danneggia la Roma. Sintomatico il fatto che il 2-1 sia stato segnato da Basta (appunto: “la partita finisce qui! Basta!”).

Ma si deve ancora soffrire, sia perché “si rompe” De Vrij (bella tegola per la difesa!) e, soprattutto, si soffre “per merito” di Felipe Anderson, che spreca due contropiedi sensazionali, rischiando di far tornare in partita la Roma. Spalletti, dal canto suo, ha sbilanciato in avanti la sua squadra inserendo Perotti e, soprattutto, Francesco Totti (scusate il turpiloquio…). Tutta legna per il fuoco laziale. E, in quel fuoco, Keita estingue la Roma, concludendo col gol del 3-1 un ennesimo, mortifero contropiede!

Tre minuti di recupero, a ben vedere, sono pochi. Ma bastano a Totti per compiere un fallo di frustrazione e, soprattutto, a Rudiger per farsi cacciare dopo un fallaccio su Djordjevic. Nel mezzo, ci sarebbe un altro gol sfiorato da Milinkovic-Savic (e non avrebbe guastato!).

La partita finisce come forse non credevamo, ma come sicuramente volevamo: 3-1 per la Lazio!

Lo volevamo, perché fa sempre piacere vincere il Derby.

Lo volevamo, perché siamo stati davvero più forti delle contrarietà (Immobile, Lukaku, De Vrij, l’indolenza di Felipe Anderson…) e delle stupidaggini commesse dall’arbitro Orsato (rigore negato a noi, rigore regalato a loro). Così, è molto più bello vincere!

Lo volevamo perché, adesso, festeggeremo allegramente e compostamente. Domani è il Primo Maggio, e la nostra esultanza scorrerà lieve come un ruscello montano, senza confondersi nel fiume solenne della Ricorrenza.

Lo volevamo, perché come il solito, preponderanti per numero e fervidi per fantasia, i tifosi della Roma esondano! Stavolta, la siccità di questo Derby perso li inaridisce. Anche se avessero a disposizione i vocabolari di tutte le lingue, non troverebbero parole! E forse, non vorrebbero nemmeno cercarle, se non contro la loro squadra.

Certo, il difficile viene ora. Siamo saldamente al quarto posto, con l’Atalanta a tre punti. Abbiamo quattro partite non proprio abbordabili (Sampdoria e Inter in casa, Fiorentina e Crotone in trasferta), sebbene non siano nemmeno troppo complicate. La realtà è che molte squadre trovano contro di noi motivazioni insospettate. Ma la Lazio dovrà mantenere la concentrazione espressa contro la Roma, perché il nostro vero obiettivo è il ritorno in Europa! Lasciamo da parte le due Finali raggiunte (Coppa Italia e Supercoppa Italiana), anche se queste ci conferiranno maggiore tranquillità sul campo.

Per ora, sia festa! E che la festa continui sabato prossimo, quando ci incontreremo nell’Evento!

F O R Z A  L A Z I O!

 

Marco Bindi

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SONO LAZIALE E NON SONO BURINO

 

 

Il binomio burino/laziale è storicamente inesatto. I tifosi romanisti non comprendono e non sanno la vera origine del modo di dire “burino” ad un laziale. La parola burino nel dizionario italiano significa persona rozza, contadina; per intenderci un individuo sempliciotto. Ma l’appellativo “burino” apostrofato dal tifoso romanista al tifoso laziale non è propriamente esatto e, come vedremo, ha una derivazione semantica differente.

La storia insegna: ogni popolo ha le sue tradizioni, i suoi difetti ed i suoi pregi ma la parola burino che viene apostrofata dai nostri cugini giallorossi a noi laziali ha un’origine diversa.

E’ un modo di dire che nasce con la conquista di Roma da parte dei Piemontesi; voi direte cosa c’entrano i Piemontesi? E qui, in questa mia analisi storica, vi spiegherò il reale significato della parola “burino” e starà poi a voi eventualmente diffonderla.

Il 17 Marzo 1861, Vittorio Emanuele II veniva incoronato Re d’Italia a Torino, mentre Roma, ancora sotto il dominio dello Stato Pontificio, dovette aspettare ancora alcuni anni prima di diventare di fatto la Capitale d’Italia.

Come vuole la storia, il Re Vittorio Emanuele II si insedia a Roma presso il Palazzo del Quirinale accompagnato dai suoi più fedeli uomini del Regno e impiegati di ogni livello di origini piemontese.

Da qui inizia la vera storia dell’appellativo “burino”. In queste righe spiegherò come sia nato questo appellativo o nomignolo, come lo volete chiamare, che erroneamente viene accostato al tifoso laziale.

Come si sa in tutto il mondo ogni popolo ha una sua identità, storica e culinaria. Chi ha viaggiato ha scoperto che ogni paese ha un proprio modo di vivere e proprie tradizioni e di questo ne resta fiero e legato.

L’appellativo che si dà ad un popolo è un modo per marcarne la distanza, per differenziarsi dalle sue tradizioni e deriderle allo stesso tempo ed evidenziare le differenti origini dal luogo dove si è nati.

Nel caso di Roma, nella seconda metà dell’ottocento, vi fu un’invasione della cultura piemontese e le differenze con la cultura della Regione Lazio, e in modo particolare con quella romana, stavano proprio nell’esprimersi nella propria lingua e nell’arte culinaria.

I piemontesi, obbligati a trasferirsi in una nuova città e in una nuova regione, cercarono di mantenere le loro tradizioni abituali, come la loro cucina, procurandosi nei mercati rionali di Roma gli ingredienti tradizionali d’uso nella tavola delle loro terre, come la Toma, tipico formaggio piemontese, la pancetta, la lingua del manzo, il burro ecc….Sì, proprio il burro che si utilizza ancora oggi al posto dell’olio di oliva per friggere e rosolare i cibi nella cucina povera piemontese.

Per le massaie piemontesi utilizzare il burro per condire i propri cibi era estremamente importante. Mentre nei loro mercati in Piemonte il burro era di facile reperibilità viceversa nei mercati rionali di Roma era difficile trovarlo. Nella loro tradizione culinaria l’ingrediente principale per rosolare e condire i cibi era proprio il burro e da qui nacque l’appellativo “burine o burini” con cui i romani, nel tipico troncamento delle consonati doppie, identificavano i piemontesi.

Ecco da dove deriva il modo di dire sei burino o burina… il differenziarsi da individuo di origini piemontesi!

Spiegato l’origine della parola burino ora sta a voi rispondere e spiegare ai cuginetti ignoranti da dove deriva l’appellativo in questione.

Per finire, nella vignetta sottostante, disegnata e ideata dalla curva nord, il vignettista svela in modo semplice ed elementare il binomio romano e laziale, quello che i cugini non vogliono recepire.

Tanti saluti e FORZA LAZIO

 

Cesare Camilli

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NIENTE STORIE, QUELLO SCUDETTO E’ UN DIRITTO DELLA LAZIO

 

 

IL TEMPO DEL 24 MARZO 2017

L’AVV. MIGNOGNA: “NIENTE STORIE, QUELLO SCUDETTO È UN DIRITTO DELLA LAZIO!”

Egregio Direttore,

sento il bisogno di scriverle e di chiederle di pubblicare questa mia, dopo aver letto con un certo stupore i contenuti dell’articolo di un valente collega pubblicato sull’edizione di ieri del Suo quotidiano. Sono da sempre un pluralista convinto, sicchè ritengo giusto che un giornale a tiratura nazionale dia spazio anche a “voci” contrarie rispetto alla campagna di rivendicazione per l’ex aequo dello Scudetto 1914/15 a Lazio e Genoa. Quel che sorprende, in realtà, è che a battersi “contro” sia un collega dichiaratamente romanista e non già un legale con spiccate simpatie partenopee. Nella ricostruzione faziosa, parziale ed incompleta che ieri mio malgrado ho dovuto leggere, peraltro, sembrerebbero esser sfuggiti all’avvocato Mario Stagliano alcuni particolari di rilievo nient’affatto secondario. Il primo. Il Genoa è stato premiato nonostante l’ultimo turno del Girone Finale Settentrionale non si sia concluso soltanto per sua esclusiva responsabilità. Come correttamente riportato da “La Stampa” del 12 maggio 1915, infatti, i grifoni si rifiutarono di accettare la direttiva emanata dalla Figc per prevenire l’insorgenza bellica ed anticipare al 16 maggio 1915 l’ultimo match decisivo in programma contro il Torino (che vincendo li avrebbe potuti raggiungere e superare definitivamente in classifica). Il secondo. È vero che nel 1919 la Figc decretò d’ufficio il Genoa quale squadra vincente del campionato e che Torino ed Inter ancora in corsa per il titolo settentrionale proposero reclamo (la circostanza è incontestata e risulta dalle fonti). Ma è ancor più vero che se torinisti ed interisti si opposero allora a questa decisione, in realtà, per effetto del “ne bis in idem” certamente oggi non potrebbero ricorrere nuovamente avverso la medesima decisione. Con riguardo al (presunto) provvedimento di assegnazione dello Scudetto 1915 al Genoa, occorre dappoi doverosamente sottolineare come lo scrivente si sia premurato di chiedere all’attuale Figc se esistesse o meno agli atti federali copia della relativa richiesta genoana e della successiva ordinanza di attribuzione. La risposta, sul punto, è stata tranciante: negli archivi federali non esiste alcunché. Il terzo. L’avvocato Mario Stagliano erra allorquando afferma che la decisione dell’epoca non doveva esser notificata, sia perché com’è noto qualsivoglia provvedimento decisorio dev’esser sempre portato a conoscenza delle parti interessate (alla Lazio, al contrario, non pervenne nulla), sia perché non vi è prova alcuna che lo stesso sia stato formalmente inserito nel Bollettino Ufficiale dell’epoca. Il quarto. La storiografia ufficiale del calcio per decenni ha falsamente tramandato che il campionato della Lazio 1914/15 rimase definito sino alle fasi eliminatorie, mentre l’equipe che fa capo allo scrivente ha rinvenuto e documentato come i biancazzurri furono inconfutabilmente Campioni dell’Italia Centrale per effetto dei forfait all’ultima giornata del Girone Finale Centrale del Lucca contro la Lazio e del Roman contro il Pisa (come correttamente riportato da “L’Italia Sportiva del 17 maggio 1915). Il quinto. Tali scoperte sono avvenute a febbraio/marzo 2016, sono state immediatamente trasmesse nel fascicolo del procedimento attualmente pendente in Figc, giuridicamente costituiscono il c.d. “fatto nuovo” che legittima il riesame e l’ex aequo del titolo 1914/15 e sottraggono il contenzioso a qualsivoglia termine decadenziale e/o precrizionale. Il sesto. Costituisce fatto vero che l’originario testo della petizione promossa su Change.org era parzialmente diverso da quello ora online, ma è ancor più vero che il sottoscritto, man mano che fatti e documenti emergevano dal dimenticatoio, ha sempre provveduto a darne notizia tramite comunicati ufficiali ed a trasmettere il testo aggiornato ai competenti organi federali. Ogni diversa ricostruzione e/o interpretazione sul punto, ordunque, si palesa chiaramente faziosa, pretestuosa e strumentale. Arrivando ad affrontare il tema del Girone Finale Meridionale, altresì, occorre in primis precisare che Internazionale Napoli e Naples si sarebbero dovute sfidare in gare di andata e ritorno per stabilire chi avrebbe dovuto affrontare la squadra Campione dell’Italia Centrale per poi aver accesso alla Finalissima Nazionale. Ebbene, mentre risulta documentalmente provato che tale gara fu annullata per irregolarità di tesseramento di alcuni giocatori (come correttamente riportato da “L’italia Sportiva” del 3 maggio 1915), non vi è alcuna prova valida che tali gare (andata e ritorno) si siano effettivamente disputate e/o ridisputate come ex adverso artatamente sostenuto. Giova rimarcare, difatti, i due trafiletti della Gazzetta dello Sport acclusi alla presente: uno che dà atto del predetto annullamento (facendo riferimento al “Campionato dell’Italia Meridionale”) e l’altro che riporta testualmente: “Il Campionato Meridionale: Internazionale batte Naples 3 goals a 0. Scarso pubblico dato il caldo quasi estivo ha presenziato al primo match di Campionato, nuova edizione, giocatosi…”. Non vi è stato, pertanto, nessun errore grossolano e nessuna induzione all’errore da parte del sottoscritto nei confronti della Commissione dei Saggi, perché tali trafiletti, sol che lo si volesse, consentirebbero di evincere con evidenza palmare che: a) non è dato affatto sapere se il match giocatosi tra i due club napoletani fosse ascrivibile al campionato 1914/15 o più verosimilmente, vista l’imminenza del conflitto bellico, a quello successivo di nuova edizione (come indica il tenore letterale del testo); b) non è dato affatto sapere se tale partita sia stata giocata con ufficialità e successivamente omologata; c) non è dato affatto sapere se l’incontro giocatosi si riferisse al campionato nazionale di prima categoria o piuttosto a competizioni di categoria inferiore, che tutte le società erano solite disputare con le seconde e le terze squadre; d) non può sfuggire che quel che si vorrebbe far passare come l’incontro che avrebbe sancito la compagine campione meridionale, in ogni caso, sarebbe stato solo e soltanto il primo dei due di andata e ritorno programmati (lo precisa il trafiletto della Rosa: “…scarso pubblico dato il caldo estivo ha presenziato al primo match…”); e) non esiste alcuna traccia e/o documento che attesti l’eventuale disputa del match di ritorno (sempre che, per pura ipotesi scolastica, possa ritenersi disputato il match di andata) tra i due club napoletani, men che meno su qualsivoglia comunicato e/o bollettino ufficiale; e) con buona pace dell’avvocato Mario Stagliano, il titolo meridionale rimase vacante e conseguentemente la Lazio fu… Campione dell’Italia Centro-Meridionale! Il pur valente avvocato romanista omette completamente di evidenziare che, con efficacia tranciante, l’attuale Napoli non possiede lo stesso numero di matricola e di iscrizione alla Federcalcio, sicchè, quand’anche sussistessero (ipoteticamente parlando) elementi probatori a favore dei precedenti club napoletani, il Napoli non sarebbe legittimato onde reclamare alcunchè! Il tenace collega, altresì, erra nuovamente allorquando afferma che la Commissione dei Saggi non ha svolto indagini in proprio. Basta leggere la Relazione per rendersi conto che gli esperti nominati hanno svolto una compiuta istruttoria autonoma, finanche chiedendo documenti al Genoa e/o consultando proprie fonti, per rendersi conto che costituisce un vero e proprio falso storico l’affermazione che la commissione medesima si sia limitata a chiedere chiarimenti allo scrivente. Per concludere, la gran brutta storia è soltanto che ci sia ancora qualcuno che perda tempo a dileggiare una grande rivendicazione come quella portata avanti dal popolo biancazzurro, la memorie dei tantissimi eroi laziali caduti sul fronte austro/ungarico, la professionalità di legali quali lo scrivente che con cuore ed abnegazione lottano per le proprie battaglie (sportive e non) e l’elevatezza di illustri giuristi quali i saggi nominati che hanno espresso un parere inconfutabile circa la fondatezza delle ragioni sportive biancazzurre sul campionato 1914/15 e che, se passati ad altri incarichi giudiziari, forse lo hanno meritato proprio per la grande professionalità dimostrata nelle opportune sedi.

 

Avvocato Gian Luca Mignogna

Esperto in Diritto Civile e Diritto Sportivo

Patrocinante in Corte di Cassazione e presso le alte Magistrature dello Stato e dell’Unione Europea